
Fillossera: “La peste dell’800”
Ho parlato di “Fillossera” in un commento di un articolo precedente, nel quale mi sono state chieste delucidazioni in merito a questo argomento. Proviamo dunque a fare un po’ di chiarezza…
La Fillossera è un insetto di origine americana che si nutre delle radici delle viti; il vigneto una volta attaccato viene completamente distrutto. Nella seconda metà del XIX secolo questo terribile parassita arriva in Europa, e dalla Francia si diffonde rapidamente in tutto il continente, devastando la quasi totalità dei vigneti.
Si tratta di uno dei disastri naturali più gravi dell’agricoltura.
Dopo vari ed inutili tentativi dei vitivinicoli di debellare il parassita, arriva l’intuizione geniale del Professor Planchoin di Montpellier: impiantare dei portainnesti con radici di vite americana sui quali innestare i vitigni desiderati. I secoli di convivenza della Fillossera con la vite americana hanno permesso a quest’ultima di sviluppare armi di difesa molto efficaci.
Prima di ottenere risultati concreti si sono resi necessari anni di studio e la mappa dei vitigni in Europa cambia radicalmente: molti dei vitigni “pre-fillossera” sono scomparsi.
Sopravvissuti alla “Peste dell’800” sono quei vitigni che, collocati su suoli sabbiosi/vulcanici, riescono a conservare la temperatura del terreno molto alta. Il calore inibisce la riproduzione e dunque la diffusione dell’insetto.
Quando parliamo di vini “pre-fillossera” ci riferiamo ai vitigni ultracentenari che sono sopravvissuti a questa calamità. Non a caso molti di questi vitigni sono siciliani, dove la morfologia del terreno era idonea ad annientare il parassita.
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Grazie Elena! Per curiosità c’è qualche vino prefillossera che mi consigli di provare?
Te ne consiglio due. Il primo è siciliano: Tenuta delle Terre Nere Prephylloxera “Vigna di don Peppino”. E’ un “Etna Rosso” 95% nerello mascalese 5% nerello cappuccio. Alla cieca è difficilmente riconoscibile, sembra un grande vino della Borgogna più che della Sicilia. Il secondo è piemontese: “Barolo Piè Franco” di Cappellano, che non ho mai assaggiato purtroppo. Ho bevuto poco tempo fa il Barolo “Piè Rupestris” (la vigna è proprio adiacente a quella del “Piè Franco”) e devo dire che è davvero notevole. Fammi sapere il tuo parere quando li assaggerai. Ciao!
Te ne consiglio due: Tenute delle Terre Nere Prephilloxera “Vigna di Don Peppino”. E’ un Etna Rosso (95% nerello mascalese, 5% nerello cappuccio). Alla cieca è difficilmente riconoscibile, sembra un grande vino della Borgogna più che della Sicilia. Il secondo è piemontese, pur non trovandosi in condizioni estreme ha resistito: “Barolo Piè Franco” di Cappellano che non ho mai assaggiato purtroppo. Ho bevuto poco tempo fa il “Barolo Piè Rupestris” (la vigna è adiacente a quella del Piè Franco) ed è davvero notevole. Fammi sapere il tuo parere quando li assaggerai. Ciao!
Vi segnalo Boschi di Berri un Dolcetto d’Alba a piede franco di Marcarini
Grazie infinite Gianluca! Siamo sempre aperti a validi suggerimenti. A presto!
Ciao, quello che è successo è stato decisamente drammatico perchè ha cambiato tutto.
La viticultura del mondo antico del medioevo e dell’ illuminismo è praticamente scomparsa. Su questo mi chiedevo se esiste una mappa, un elenco di quei vitigni che sono sopravissuti….dei nomi ..qualcosa, io ho trovato poco o niente
Sono davvero pochi i vitigni sopravvissuti e sono per lo più quelli “allevati” a condizioni estreme (alle pendici di un vulcano,ai piedi di un monte) dove le temperature troppo alte o troppo basse hanno in qualche modo annientato il parassita. Non credo esista una mappa ben definita. So che esistono anche vini sardi a piè franco come il “Carignano del Sulcis” dell’isola di Sant’Antioco. Andrò alla ricerca… Ciao!
Sono pochi i vitigni sopravvissuti e sono per lo più quelli allevati a condizioni estreme (alle pendici di un vulcano, ai piedi di un monte) dove le temperature troppo alte o troppo basse hanno in qualche modo annientato il parassita. Non credo esista una mappa ben definita. So però che esistono anche vini sardi a piede franco come il “Carignano” dell’Isola di Sant’Antioco. Andrò alla ricerca. Ciao!
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